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"GOODBYE, LENIN!"

  • Benedetta Bassotti
  • 6 nov 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

“A BERLINO, LA CITTÀ IMPAZZITA DOVE OVEST SI CONFRONTA CON L'EST, UN FIGLIO FARÀ DI TUTTO PER PROTEGGERE SUA MADRE.”


Una data storica Il 9 novembre 1989 è una data passata alla storia: quel giorno il muro edificato nell'estate del 1961 dal governo filosovietico della Germania dell'Est, che per ventotto anni aveva diviso in due la città di Berlino, era finalmente caduto. Divenuto il simbolo della guerra fredda tra le due superpotenze mondiali, il Muro di Berlino aveva creato una profonda lacerazione nel cuore di una delle grandi capitali europee.

Parenti, amici, persone che fino al giorno prima potevano liberamente incontrarsi, d'un tratto si erano trovate separate e impossibilitate a vedersi e comunicare.

Ben presto la città assunse due volti completamente diversi, che rispecchiavano l'opposta ideologia che guidava i rispettivi governi: il libero mercato a Ovest, la pianificazione socialista a Est.


Il film Good Bye, Lenin!, girato nel 2003 dal regista tedesco Wolfgang Becker e ambientato a Berlino Est, fissa la sua attenzione proprio sulla cruciale fase di passaggio del 1989.

Realtà o finzione?

Protagonista della pellicola è una donna, Christiane Kerner, che vive con i due figli a Berlino Est, dopo essere stata abbandonata dal marito, fuggito all'Ovest alla fine degli anni settanta. Fervente comunista e convinta sostenitrice del regime, nell'ottobre del 1989 la donna viene colta da un infarto ed entra in coma dopo avere visto suo figlio Alex malmenato dalla polizia durante una manifestazione antigovernativa.

Al suo risveglio, otto mesi dopo, la situazione politica è radicalmente mutata. Alex, consapevole che se la madre lo scoprisse potrebbe subire uno choc letale, si adopera per celarle la verità: approfittando del fatto che la mamma è costretta a letto, il giovane si procura prodotti e oggetti dell'ex Germania dell'Est e realizza, con l'aiuto di un amico, dei finti telegiornali che riproducono quelli del regime socialista ormai caduto. Il tentativo del ragazzo ha successo fino a quando la donna, uscita per strada a insaputa del figlio, si rende conto che tutto è cambiato e che il mondo non esiste più. Christiane, per amore del figlio, finge di credere alle sue bugie a fin di bene, e morirà simbolicamente due giorni dopo la riunificazione della Germania .


Good Bye, Lenin! Affronta in modo leggero, ma non superficiale, uno dei momenti decisivi della storia europea e mondiale del secolo scorso. Da un lato il film si propone come una sorta di rievocazione della vita nella Germania dell'Est prima del crollo del Muro di Berlino. La ricostruzione di quegli anni avviene attraverso testimonianze, documenti dell'epoca e le riflessioni e i ricordi di Alex.Vi è dunque una forte componente sociale e politica, ma nella pellicola non emerge mai la nostalgia per il governo socialista. Vi è piuttosto una rappresentazione sinceramente umana dei personaggi, e soprattutto di Christiane. La donna, infatti, appare come il simbolo di chi ha creduto in modo onesto e puro nel sistema socialista, con uno spirito di completa adesione a un modello di società che, in buona fede, riteneva giusto e, addirittura, ideale. L'opera celebra anche, a modo suo, l'amore filiale: Alex, infatti, cerca in tutti i modi di nascondere alla madre la caduta del regime per salvarle la vita. Il regista, nel complesso, sceglie di non dare giudizi troppo netti: la conquista della libertà è un bene inestimabile, ma il passato, con le sue implicazioni umane e psicologiche, non si può condannare del tutto né cancellare dalla memoria di chi l'ha vissuto.


Una commedia leggera ma "seria"

Il film di Wolfgang Becker rientra nel genere della commedia, di cui il regista adotta un caratteristico stratagemma narrativo: il protagonista si trova costretto da circostanze imprevedibili a mascherare la realtà con una serie di

"trucchi" volti a ingannare un personaggio. Tuttavia, contrattempi ed eventi inattesi lo costringono a costruire finzioni su finzioni in un crescendo di sempre nuove invenzioni che "trascinino" l'inganno iniziale il più a lungo possibile. In questo caso il tema trattato è certamente drammatico: siamo infatti di fronte alla caduta non solo di un regime politico, ma anche di un ideale. Il tono del film, tuttavia, si mantiene leggero, grazie a una sceneggiatura brillante, a dialoghi vivaci, a scene divertenti, anche se a volte velate da una patina di amara malinconia.



 
 
 

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