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"IN BILICO"

  • Sara Altafaj Cotrufo 3B
  • 29 nov 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Ci lascio un pezzo di me. Uno alla volta.

Libertà - Cap.4

È una parola che fino a poco tempo fa usavo molto. O meglio, urlavo molto: a mia madre, a mio padre, a chiunque fosse disposto a sentirmi. Nella maggior parte dei casi, persone a cui non gliene poteva importare di meno.

Libertà era il mio inno, la mia arma di attacco e di difesa, il mio scudo, la mia ascia. Era tutto ciò che io rivendicavo, invano, perché poi facevo tutto ciò che mi proponevo di fare (entro certi limiti). Libertà era, ed è, se devo essere totalmente sincera, quella boccata d’aria fresca che riesci ad assaporare pian piano mentre la parola scivola lentamente sulla lingua. Libertà. Ha anche un bel “sapore”, per così dire. Sa di promesse mantenute e spezzate, di discorsi patriottici e di uscita da gabbie d’argento per entrare in gabbie d’oro. La differenza? Come sempre, sta nell’apparenza.

Oggi, ventinove novembre duemilaventi ventuno, ho capito che cosa significasse veramente questo termine. Povera illusa, se solo avessi saputo, un po’ di tempo fa, che c’è una linea molto sottile tra essere liberi ed essere soli: è come se uno chef aggiungesse un ingrediente di troppo da una parte e ne lasciasse troppo poco da un’altra, creando così una pietanza alquanto inusuale, che non fa altro che ricordarci quanto era buona quella fatta con la ricetta originale. Più o meno lo stesso accade quando diciamo di essere svincolati da qualsiasi cosa: ci si sente potenti da una parte, ma ancora strettamente sotto il regime di regole poste dalla società, naturalmente necessarie per la sopravvivenza di essa stessa. Bisogna perciò allontanarsi, distinguersi, fuggire: è solo all’infuori della quotidianità dei nostri “perché” che l’individuo si sente veramente libero. E poi ci rendiamo conto di una cosa davvero scontata: l’uomo è un essere sociale. Non è che vuole, deve relazionarsi con altri della sua specie per essere felice e sentirsi completo, non allontanarsene in nome di un valore che lo farà diventare ancora più limitato di ciò che egli già è. Tradotto: passare da una gabbia d’oro più grande a una d’argento più piccola.

Ecco, tutta questa spiegazione ha lo scopo mirato di illustrare ciò che questo diritto ossimorico rappresenta per noi adolescenti: il raggiungimento di una condizione di serenità totale, di completa assenza di subordinazione a precetti stabiliti da altri, ma che in realtà ci rende infelici e senza punti di riferimento in questa tappa così importante. Liberi, ma soli.

“La libertà non si può spiegare. Si può soltanto respirare senza pensarci, come l’aria, e come l’aria rimpiangerla quando non c’è più. A differenza dei dogmi, non reclama certezze e non ne offre. I suoi mattoni sono i dubbi e gli errori, gli slanci e gli abusi. I suoi confini sono labili, mobili. E la sua rovina è l’assenza di confini, che le toglie il piacere sottile della trasgressione.”

Massimo Gramellini





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