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IL GIORNALINO VA ALLA RADIO!

  • giscliceoamaldibcn
  • 25 mag 2021
  • Tempo di lettura: 9 min

Sapevate che a Barcellona c'è un programma radiofonico in italiano che va in onda ogni settimana? Anche noi inizialmente ci siamo sbalordite per non esserne a conoscenza.

Si chiama Zibaldone, ai più appassionati di letteratura si sarà accesa una lampadina...come ci ha ricordato Steven Forti, autore e speaker del programma, “il nome Zibaldone è il titolo di un’opera di Leopardi che è diventato un termine che viene a significare una specie di cassa dove ci si mette dentro un insieme di elementi diversi ma allo stesso tempo molto interessanti, quindi da lì il nome proprio perché il programma non è solo musicale, solo di libri, di letteratura o di dibattito politico” Questo programma nasce nel 1997 ideato da Roberto Fenocchio e poi dal marzo del 2011 è passato a Steven Forti, con il quale abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere. Nelle prossime pagine del giornalino potrete leggere le domande che abbiamo posto a Steven sedute in un caffè nella pittoresca Plaça Reial. Poi abbiamo visitato il particolare studio di Radio Contrabanda, in uno storico appartamento proprio affacciato sulla piazza, in questo ambiente imbevuto di storia della radio abbiamo registrato il nostro intervento per il programma.

Questo venerdì quindi ci potrete ascoltare, sintonizzando le vostre radio sulla frequenza 91.4 o visitando il sito di Radio Contrabanda www.contrabanda.org/ dalle 18 alle 20.



INTERVISTA A STEVEN FORTI, IL VOLTO DIETRO ZIBALDONE


Per i nostri giovani lettori che magari non conoscono il programma “Zibaldone”, con che parole lo descriveresti?


Zibaldone è un programma “in italiano non solo per italiani” che esiste da oltre vent'anni. Il programma è uno Zibaldone nel vero significato del termine, ossia un pout-pourri di diversi materiali che spaziano dalla musica alla letteratura, a questioni sociopolitiche, teatro, cinema: la cultura italiana in un senso ampio. Al di là di questo ultimo anno di pandemia, che ovviamente ha un po' rivoluzionato tutto, non solo il nostro programma, si giocava molto su interviste con personalità: scrittori, attivisti e artisti italiani, in genere di passaggio da Barcellona.

È un programma molto rilassato, per cosí dire: due ore di trasmissione quindi molte chiacchiere, molta ironia, c’è sarcasmo, ci sono collaborazioni di diversi amici e anche sketch comici.


Che significato ha il nome del programma e cosa esprime la frase “per italiani e non solo”?


Per rispondere alla prima domanda, il nome Zibaldone è un libro di Giacomo Leopardi dove raccoglie i suoi pensieri come una specie di diario, che conteneva molte diverse annotazioni e riflessioni; quindi in realtà non era né un romanzo né un libro di poesie né un saggio. Perciò in italiano “zibaldone”, a partire dal titolo dell'opera di Leopardi, è diventato un termine che viene a significare una una specie di “cajón de sastre” dove ci si mettono dentro molti elementi di qualsiasi tipo, quindi da lì il nome proprio perché il programma non è solo musicale o solo di libri e letteratura oppure solo di dibattito politico, ci può essere di tutto nella stessa puntata.

Invece rispondendo alla seconda, io credo che le lingue non devono essere una barriera, una frontiera, ma devono essere invece un ponte di comunicazione tra diverse culture. In secondo luogo diciamo che Barcellona e la Catalogna, la Spagna sono delle realtà molto vicine anche linguisticamente, essendo lingue neoromane, all'italiano. Dunque anche un catalano, un barcellonese, uno spagnolo o uno straniero che vive qua e non sa l'italiano si può avvicinare alla lingua italiana e magari comprenderla. Perdipiù qui a Barcellona ce ne sono tanti Catalani o non italiani che o hanno studiato in italiano per ragioni familiari o per ragioni anche spesso nel passato professionali così vi hanno vissuto in Italia e parlano e capiscono l'italiano. Dunque é in quel senso, non solo é rivolto a chi l'italiano lo sa, non si rivolge solo alla comunità italiana di Barcellona che è numerosa ma anche ristretta in numero, piccola cittadina di provincia. Una cosa che è cambiata rispetto a quando è nato il programma, negli ultimi almeno 10 anni, tra lo streaming e podcast il programma può essere ascoltato ovunque il che permette anche se in maniera limitata che ci siano anche parecchi ascoltatori in Italia che possono ascoltarlo in diretta oppure scaricando i podcast.


Come hai cominciato a lavorare in questo programma?


È stato qualcosa abbastanza casuale, come poi spesso succede nella vita. Io sono arrivato a Barcellona nel 2003 per un Erasmus, dopo un piccolo periodo in Italia sono rientrato qua e ho fatto un master, un dottorato, e adesso insegno all’università.

Parallelamente a questo nel 2009, un paio di amici italiani con cui organizzavamo dei piccoli spettacoli al “Bar Pastís”, ora chiuso, in fondo alle Ramblas, mi parlarono di un programma italiano in una radio locale, il che era un po’ particolare, un po’ originale, e mi dissero “perché non vieni? Noi ci andiamo la prossima settimana”. Ci sono andato e ho conosciuto Roberto Fenocchio, questo signore che aveva fondato nel 1987 Zibaldone, quando a Barcellona di italiani ce n'erano ancora pochi, rispetto ad adesso, e aveva portato avanti il programma, all’epoca, durante una decina d’anni. Il programma si chiamava già “Zibaldone”, era in italiano, e andava in onda i venerdì pomeriggio dalle 6 alle 8; ci siamo conosciuti con Roberto e praticamente ho cominciato a collaborare con lui.

Zibaldone sempre è stato un “porto di mare” dove passava gente, che magari veniva e collaborava un periodo, si lasciava molto in mano all’improvvisazione nelle puntate, e cosí via. Ho collaborato quasi un paio d’anni con Roberto e poi è tornato in Italia, a inizio 2011, e quindi ho preso in mano io il programma: ho mantenuto il fatto che fosse in lingua italiana, che si chiamasse Zibaldone, che fosse in fin dei conti quel “pout-pourri” di tante cose, però ovviamente ci sono stati anche dei cambiamenti, e adesso è ormai da 10 anni che faccio io il programma, da marzo del 2011.


Come trovi e scegli gli argomenti, e gli intervistati per ogni programma?


Prima di tutto bisogna fare una riflessione sull’ultimo anno e mezzo, perchè è stato un po’ diverso. In quest’ultimo anno e mezzo non stiamo facendo il programma in diretta qui negli studi di Radio Contrabanda per due ragioni: una, che vale più per i primi mesi della pandemia, che era ovviamente evitare di stare in uno studio in più persone; poi si aggiunge un'altra questione, che giocando molto su invitati italiani, ovviamente con il fatto che non ci sono più concerti, non ci sono piú esposizioni, in genere insomma non veniva piú nessuno a Barcellona. È vero che qui c'è una grande comunità italiana, ma in vent’anni di programma molti altri italiani passavano per la città. Dunque per l'ultimo anno e mezzo sto gestendo il programma soprattutto con interviste telefoniche, e quindi sto approfittando anche per intervistare molte persone in Italia che difficilmente magari sarebbero venute o non sono mai venute Barcellona, mentre prima giocavo molto di più su qual’era l’agenda culturale. Quindi se, poniamo, alla Filmoteca di Catalunya c’era una rassegna dedicata ad un regista italiano, o c’era un'esposizione in galleria di un artista italiano, o venivano dei musicisti italiani in concerto, approfittavo e li invitavo in radio; mi basavo molto anche sull'agenda. Poi ovviamente anche sui miei interessi personali e anche quelli delle altre persone che collaborano col programma. Per quanto riguarda anche adesso i contatti io comunque lavoro da tempo anche nel mondo della canzone d'autore e della musica; sono nel club Tenco di Sanremo che è un festival di canzone d'autore che esiste da 50 anni, e qui abbiamo montato, quasi 10 anni fa, un’associazione culturale che organizza anche concerti di artisti italiani, essenzialmente, si chiama “Cose di Amilcare” e quindi o gli artisti che portavamo noi a Barcellona, o artisti che conosco soprattutto nell'ambito musicale, ma anche della scrittura o giornalisti, nell’arco della mia vita per altri interessi sono in genere la modalità più facile per arrivare a qualcuno. Poi è ovvio che magari c'è una tematica di interesse, quella settimana in quel periodo, e allora vai a cercare chi potrebbe collaborare, chi potresti intervistare; per farti un esempio abbiamo dedicato a settembre dell'anno scorso una puntata sul negazionismo scientifico, quindi legato anche un po' a come l'estrema destra cavalca il negazionismo, le “fake news” eccetera eccetera, quindi per esempio ho contattato con un giornalista italiano che avevo letto molto che si chiama Leonardo Bianchi, che scrive e ha scritto anche un bel libro un po' sulle nuove estreme destre in Italia, e quindi ho interpellato per questa vicenda. Lui come poi altre persone. Per esempio la puntata che va in onda domani è uno speciale sulla morte di Franco Battiato, quindi una puntata che invece abbiamo cucinato tutta in redazione, ma avendo anche la fortuna che uno dei principali collaboratori del programma, Enrico Banzola, è un grande esperto in Franco Battiato,e ho dedicato una puntata sulla vita e la carriera artistica di Battiato.


Qual'è la cosa che ti piace di più del lavoro alla radio?


La radio ha un fascino particolare, anche se adesso sembra molto vintage, è anche molto diversa da quello che oggi sono i podcast, diventati un po' di moda soprattutto negli ultimi anni con la pandemia. Però è molto diverso fare “radio” a casa tua registrandola o invece andare in uno studio e vivere il momento della diretta, con anche tutte le problematiche tecniche che deve affrontare una radio libera, non sono come gli studi della Radio Nacional de España o della RAI. (...)

Inoltre, c'è anche il fatto di poter avere un programma dove puoi parlare di quello che vuoi, lo puoi gestire poiché sei l’autore delle puntate. Infine, aggiungerei la particolarità di radio Contrabanda, che non è una radio né commerciale né istituzionale: è una radio libera, autogestita e autofinanziata. È una radio che funziona in modo assembleare dove siamo, in questo momento, una trentina di programmi che ci auto-organizziamo anche con tutte le difficoltà del caso, dal punto di vista finanziario e dal punto di vista tecnico. Sei parte di uno spazio che rappresenta un collettivo nel quale hai un'enorme libertà di fare praticamente quello che vuoi, però ovviamente hai anche dei doveri: devi partecipare a delle attività collettive della radio ed aiutare il progetto perché possa andare avanti.


Una cosa essenziale che non può mancare in tutti i programmi?


In tutti i programmi? Ma...ovviamente la musica. È un programma che non è solo musicale però essa è una componente molto importante, che sia attraverso interviste o che sia anche comunque proponendo nuove uscite o delle retrospettive su artisti italiani, ma non solo. Quindi quello assolutamente e poi direi anche un certo tono che non definirei direttamente giocoso però dove c'è anche dell'ironia. C'è una grande rilassatezza, quindi diciamo che si allontana da quello che spesso è la tipologia classica di un programma in una radio commerciale, dove sembra che sono sempre accelerati, dove vai di corsa e non hai mai un minuto. Invece qui te la puoi prendere con comodo, puoi allungare delle chiacchierate e si cerca anche che gli invitati siano a loro agio e non siano affannati, con il rischio che abbiano solo un minuto e mezzo per dire qualcosa.


Qual’è un programma piú o meno recente che ti ha lasciato una impressione positiva?


Adesso è un po’ difficile rispondere a questa domanda, basti pensare a quanti programmi ho fatto in questi dieci anni facendone tra i quaranta e cinquanta all’anno. In grandi linee ci sono due tipologie di trasmissioni, la prima sono i programmi basati sull'improvvisazione, nei quali ci sono momenti molto belli, che però adesso non saprei dirti. Se pensiamo invece all'altra tipologia di programma, maggiormente strutturato, magari tematico, allora lì sì che posso dirne qualcuno. Per esempio quello fatto con Sergio Secondiano Sacchi, ormai 3 anni fa più o meno, uno speciale di dieci puntate, dopo la morte di Fidel Castro a Cuba e che era una storia della Rivoluzione cubana attraverso le canzoni. Ecco quello che è stato non un programma ma una serie di dieci puntate o forse anche tredici nel mi è piaciuta molto lavorarci, dato che sono venute fuori tante cose interessanti. Dall’altra tipologia me ne viene in mente uno nei primi di mesi della pandemia, cioè nella primavera scorsa, un programma di musica che si chiamava “L’Italia canta en español” una serie di dieci puntate dove abbiamo fatto una carrellata di artisti italiani che avevano interpretato o che hanno interpretato le proprie canzoni tradotte in spagnolo dagli anni sessanta fino all'attualità e quindi diciamo da Domenico Modugno fino arrivare a Tiziano Ferro. E quindi c’erano molte cose divertenti, ci abbiamo riso su parecchio.


Ultima domanda di curiosità...da dove é nata l’idea di fare una sigla così musicata?


Io ho tanti amici musicisti e quindi ho chiesto questo a un mio caro amico che si chiama Riccardo Massari Spiritini, un italiano di Verona che vive qua da più di vent'anni ormai, un musicista eccezionale, un grande compositore ma anche molto ironico, dico: - Ma ti va di fare qualcosa?-. È un genio quindi gli ho detto:- Fai tu quello che vuoi!- E ha fatto questa sigla un po' tipo stile anni 50, un po' così ronica. Poi durante questi 10 anni ad altri musicisti ho chiesto magari dei jingle che uso nel mezzo del programma, magari quando finisce l'intervista con un invitato e si passa poi a un'altra tematica. C'è un jingle di 30 secondi o 50 secondi che dice magari il nome del programma con una sigletta diversa e anche con stili musicali diversi dal folk rock fino a invece uno un po' più radiofonico anche un po' più elettronico che ha fatto Flavio Ferri musicista produttore musicale ad altri.


...E ALLORA, GRAZIE STEVEN! SPERIAMO CHE L'INTERVISTA VI SIA INTERESSATA E VI RICORDIAMO DI NON PERDERE L'APPUNTAMENTO VENERDI' 28 SU RADIO CONTRABANDA FM 91.4 CON PAULA BELLESI, MELANIA MESSINA, MARGHERITA FERRARI ED AMY NEGRINI.










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