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"IN BILICO"

  • Sara Altafaj Cotrufo 3B
  • 12 dic 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Ci lascio un pezzo di me. Uno alla volta.



Silenzio - Cap.5

Grazie a te, Pri, ho capito cos’è.

Non rappresenta l’assenza di suono, anzi, è il rumore incessante dei nostri pensieri, confusi e assordanti.

Noi, come umani, non siamo capaci di stare zitti. Siamo esseri in continuo movimento. DI continuo movimento, dato che viviamo in un mondo reattivo ed eccitato da costanti stimoli. Le lettere e i numeri girano vorticosamente nel silenzio, articolandosi in espressioni, preghiere, rimproveri e problemi.

È sbalorditivo vedere come un semplice cane mi abbia insegnato il valore del silenzio, ma tu, Pri, sei stato capace anche di questo, oltre che di darmi amore con quattro zampe e un silenzio pieno di te.

Ricordo le nostre corse sul bagnasciuga, lunghe, interminabili: tu correvi per la tua vita, e io non potevo fare altro che farmi guidare da te. Tracciavi percorsi sempre diversi, ma che con gli occhi chiusi a causa del vento sferzante non sono sicura di dirlo con certezza. Mi bastava tenermi aggrappata al tuo pelo, candido come il tuo cuore; mi fidavo di te come di nessun altro, mi serviva solo una conferma.

Bastava che mi guardassi dritto e i tuoi occhi: mi ricordo che erano calmi e pacifici, solo un riflesso della tua serafica essenza. Erano la mia casa, il mio posto felice. Sapevo di potermici trovare sempre.

Finché un giorno te ne sei andato. Senza preavviso, né contatto. E allora quel silenzio si è trasformato, divenendo assenza di presenza. Della tua presenza, Pri. Quando papà mi ha detto di te, non sono riuscita a piangere. Ci ho provato, giuro. Mi frustra rammentare che per cose futili come il telefono piangevo “lacrime di coccodrillo”, ma per la perdita del mio essere preferito no.

Poi ho capito che non erano solamente le lacrime a mancare: era il vuoto dentro di me a urlare di non farcela, di non riuscire a pensare a un domani senza il tuo odore rassicurante e la tua gioia incommensurabile. Non sono riuscita a parlare per diversi giorni, ma alla fine sono scoppiata. Ho gridato, strillato e pianto fino a mozzare il respiro.

Passavano i giorni, e io ancora mi trovavo in uno stato di trance, in cui duellavano l’insensibilità e la disperazione come amazzoni accanite; certo, studiavo, mangiavo, dormivo, ma non ero più quella di prima.

Poi mi sono chiesta: perchè? Perché piangere quando tu avresti solo voluto sorridere e farmi fare lo stesso? Perchè non godere della vita che mi era stata data? Fu quasi un’illuminazione, un raggio di luce che finalmente apriva uno squarcio nel mio mondo ultimamente freddo. Così mi alzai dalla sedia su cui ero adagiata e mi alzai, pronta a riprendere qualunque cosa mi fossi persa nel frattempo.

Piano piano ho però ripreso a parlare, ad annullare quel triste silenzio che mi portavo dietro come un masso, un termine dopo un altro. “Zitto e urla”, mi sussurravi dall’alto. L’ho fatto, caro Pri, ci sono riuscita.

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