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  • Immagine del redattoreSara Altafaj Cotrufo

LAOCOONTE

Questo frammento tenta di riprodurre i brevi attimi prima della morte di Laocoonte, sacerdote troiano di Apollo, che avvertì i suoi concittadini del pericolo che presupponeva far entrare il gigantesco cavallo di legno offerto dai Danai dentro le mura di Ilio: al suo interno si dovevano infatti celare gli stessi soldati greci, secondo il piano ideato dal loro comandante Ulisse. Atena, loro protettrice, punì il sacerdote inviando i suoi due serpenti marini Porcete e Caribea a uccidere Laocoonte e dei suoi due figli.

Paura.

Non riesco a pensare ad altro, adesso che vedo le scaglie rilucenti di quei mostri.

Mi dimeno, eppure ho la sensazione di essere immobile, bloccato nel terrore più assoluto.

Si avvicinano quattro occhi verdi e crudeli, e sono incapace di reagire. Perché?

“Timeo danaos et dona ferentes”. Ecco perché.

Ho detto la verità; nonostante qualcuno ci avesse posato un velo sopra, nonostante tutti credessero al falso, io ho detto loro la verità.

Diffido dei Greci anche quando portano doni: non sono mai corsi a gambe levate, tantomeno porgendo una tale offerta davanti alle nostre mura.

Ma non c’è tempo per pensare, adesso: quei quattro occhi sono ancora lì, e mentre si apprestano ai miei figli non posso che impallidire per le loro dimensioni.

Vile colui che li ha mandati! Vile e senza cuore! Non vedi che i ragazzi sono ciò che ho di più caro? Certo che lo vedi, per questo li hai mandati!

Un giorno verrò a prendert… ah! Affondano i denti nelle loro giovani membra!

Arrivo, figli miei, arrivo!

Ah! Ed ecco che anche a me è toccata simile sorte; ecco che il dio che ha mandato queste bestie – ebbene, solo un dio avrebbe potuto infliggere tale castigo – si scaglia morso dopo morso contro il mio essere. Ne gode, certo, si crogiola nel vedere tale sofferenza, nel condannare coloro che vogliono salvare il proprio popolo.

Ah! Il sangue scorre lungo i miei fianchi, e lente gocce cadono nel grigio suolo, tingendolo di rosso fuoco.

Stringo il corpo di quell’orrida creatura, ma ella è dotata di una forza divina e mi infligge un male pari alla rabbia di colui che l’ha mandata; anche i miei piccoli Antifrate e Tymbreus stanno soffrendo, ma non riesco a raggiungerli. Perché loro, perché? Continuo a chiedermelo, ma so già la risposta: niente fa più male di vedere i propri figli patire.

Ma ecco che il mondo sta diventando buio, ed i contorni della mia città diventano meno nitidi: scorgo il dannato cavallo entrare a Troia, possente e terribile. Ad un tratto, distinguo una donna armata avvicinarsi verso di me. Mi scruta con quei suoi occhi temibili, ed ha sulla spalla una civetta bruna. Atena.

Sono incapace di respirare: mi limito a guardarla, ma lei è impassibile, mi scruta con aria trionfante.

È una guerra di sguardi, ma lei si avvicina ogni istante di più alla vittoria.

Guardo Antifrate e Tymbreus, ormai morti strangolati. Esalo un’ultima volta e chiudo gli occhi.

Poi, il nulla.









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