lL LICEO DI UNA VOLTA: INTERVISTA ALUMNI
- Helena Castellano Vázquez
- 11 apr 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 25 apr 2021
ROSA MARÍA MUÑOZ RODÓN, 61 anni, promozione 1967-1978, Barcellona, Magistrata del “Tribunal Superior de Justicia de Cataluña”
"La vita non sempre ci permette di fare quello che vorremmo, per cui è importante imparare ad amare ciò che ci offre."

Come mai una ragazza catalana finisce per studiare in un liceo italiano?
Durante gli anni '60, come voi sapete, c'era ancora in Spagna la dittatura di Franco, e tante famiglie spagnole che non volevano che i figli venissero educati seguendo l'ideologia franchista, cercavano scuole straniere. I miei genitori, per una serie di circostanze, hanno avuto l'opportunità di farmi frequentare la Scuola italiana ed è così che son finita là! Sono arrivata in seconda elementare, ho fatto poi le medie, che all'epoca si frequentavano a Méndez Vigo, liceo e maturità, e quando ho finito ho fatto l'omologazione del liceo italiano con il "bachillerato" spagnolo, perché quando terminai il liceo, la Spagna non era ancora nell'Unione Europea.
Com'era la scuola allora?

Penso che la scuola non sia cambiata molto da allora, almeno per l'esperienza che ho avuto con mia figlia, che ha frequentato come me il liceo. Il palazzo era lo stesso però non erano stati fatti gli ultimi lavori, quindi si entrava dalle scale a destra, e dove adesso c'è l'ufficio dell'Istituto Italiano c'erano le classi.
I ragazzi spagnoli dovevano seguire una materia in più che si
chiamava "Formación del espíritu nacional (FEN)". Ricordo che in seconda liceo arrivò una compagna nuova che veniva dell'Italia con tante idee di sinistra, e durante le lezioni metteva i dischi di Quilapayún, che cantavano: "El pueblo unido, ¡jamás será vencido!". La povera professoressa che avevamo era molto paziente e non diceva nulla.
Com'era lei a quell'età?
Ho cominciato la seconda elementare con otto anni, quindi sono stata sempre un anno più grande dei miei compagni. Ero una ragazza a cui piaceva studiare, penso che fosse anche un po' il mio rifugio.
Nella prima liceo è stato il primo anno in cui ragazzi e ragazze abbiamo cominciato a studiare insieme, perché fino alle medie eravamo divisi in due sezioni. Erano gli ultimi anni della dittatura, e ricordo le manifestazioni alle uscite del liceo: bisognava correre! Eravamo un po' ribelli. La mia classe ha subito quello che tutta la mia generazione ha sofferto, che era un po' il problema della droga. Per il resto eravamo ragazzi allegri e organizzavamo delle feste. A Febbraio festeggiavamo la festa di carnevale nell'Aula Magna, mettevamo la musica e venivano i ragazzi degli Istituti Balmes, Escolàpies, ecc. Gli si faceva pagare un piccolo ticket, e con i soldi ricavati, avremmo pagato il viaggio di fine Liceo.
Eravamo come tutti i giovani, io penso...
Che rapporto c'era tra ragazzi e ragazze?
Il rapporto era di buoni compagni, fraterno, anche se qualche volta vedevo durante la lettura della Gerusalemme liberata, dell'Orlando furioso o I promessi Sposi, qualche sguardo malizioso tra compagni e compagne.

Ricorda qualche professore che l'abbia colpito particolarmente?
Tanti, tanti professori. Mi ricordo uno delle medie, il professor Gabbani, che insistette molto con me perché andassi alle lezioni di latino, che non erano obbligatorie alle medie, e con il tempo poi gliene sono stata riconoscente. Era un professore molto amato dai suoi alunni.
Altri professori che ricordo con affetto sono il prof. di matematica Alós, il prof. Michetti, che era un grande fisico ed il prof. Carlevaro, che è stato insegnante di tante generazioni della scuola.
Però un ricordo speciale rimane per il prof. di spagnolo Lorenzo Plaza, che era un uomo serio ma con un grande cuore; quando vedeva un ragazzo e una ragazza insieme, diceva: "Oye, ustedes, a festejar al Tibidabo". È stato senza dubbio uno dei migliori professori che ho avuto.
Come fu la sua esperienza della Maturità?
Sono passati parecchi anni, quasi non me la ricordo!
Quando feci la maturità, tutti coloro che volevano studiare in Spagna dovevano fare anche la "Selectividad" per stranieri, quindi avevamo due esami. In definitiva, un esame difficile dove bisognava ragionare bene e dimostrare che si era maturi; ma non voglio spaventare nessuno, non era insuperabile, se si affrontava con la giusta preparazione.
Crede di aver saputo scegliere il mestiere che fa per lei?
Veramente nel mio caso non direi di aver avuto una vocazione molto precisa fin dall'inizio. Infatti, scelsi di studiare giurisprudenza proprio alla fine della quarta liceo.
All'epoca non c'erano tutte le opzioni universitarie che ci sono adesso, le scelte erano molto limitate. Ero indecisa tra l'economia ed il diritto. Alla fine scelsi il diritto, un po' perché una mia amica lo studiava già, un po' perché le offerte di lavoro erano interessanti, e poi perché gli orari mi permettevano di rendere compatibile l'università con il lavoro.
Certamente se uno ha una vocazione o un obbiettivo chiaro deve perseguirlo. Ma tante volte le persone non hanno la certezza di quello che vogliono fare, per cui credo sia importante avere sempre l'atteggiamento di chi è curioso e vuole scoprire anche quando si è di fronte a cose che non sono di nostro gradimento.
Vi consiglio dunque, che quando vi troviate di fronte a queste situazioni, sia negli studi che nella vostra carriera professionale, cerchiate la parte interessante in quello che state affrontando. La vita non sempre ci permette di fare quello che vorremmo, per cui è importante imparare ad amare ciò che la vita ci offre. A volte la vocazione si acquista, è un po' come il matrimonio nel quale a volte "el roce hace el cariño".
Per finire, rifarebbe la scuola italiana?
Secondo me, la scuola italiana ha una buona base umanistica che permette di formare sia ingegneri che letterati. Anche il legame che mi è rimasto con l'Italia e con i miei compagni di classe è ancora molto solido. Infatti, tra le mie migliori amiche ci sono quattro ex compagne della scuola italiana.
In sintesi, ho conosciuto care persone ed ho ricevuto un'istruzione e dei valori che mi hanno accompagnato per tutta la vita.
Quindi sì, rifarei la scuola italiana.
Vi invito a seguire l'intervista completa premendo sul seguente link:
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